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FELTE: NEL PUNTO DOVE L'ALTRO ARRIVA

Conclusa l'esperienza di Feltre, trascorso un po’ di tempo, sento il desiderio di condividere qualche considerazione. Nei giorni della mostra ho parlato con molte persone. Alcune mi conoscevano già, altre si sono avvicinate per la prima volta. In questi momenti, in questi dialoghi, si sono accese piccole scintille. Un momento di Interesse, una domanda che andava al cuore del lavoro, un gesto di attenzione. Torno con la conferma che ogni relazione lascia una traccia, e con il desiderio di raccontare cosa significa, per me, dare voce alla mia ceramica e perché questo ha avuto un ruolo profondo anche nel modo di vivere il mio lavoro.Non sono mai stata una persona a mio agio fra tante persone specie se sconosciute. A mio modo sono timida. Il mio posto ideale, per molti anni, si può immaginare come uno spazio silenzioso, con della musica classica di sottofondo, e le mani impegnate a decorare. Questa era la situazione in cui potevo veramente sentirmi a mio agio. Per molto tempo ho immaginato di poter affidare ad altri il compito di parlare, di vendere, di spiegare. In fondo venivamo da tempi in cui i ruoli del lavoro erano molto rigidi. L'artigiano creava e il venditore vendeva. Io creavo, appunto. Ma i tempi cambiano e se volevo davvero portare avanti questa scelta di vita, che amo profondamente, dovevo uscire dalla mia tana e affrontare l'incontro.

Interagire con perfetti sconosciuti non è sempre facile. Non è facile raccontare il proprio lavoro, tantomeno quando è così intimo e personale, poi è arrivato il momento in cui ho capito che era necessario e che mi dovevo applicare, non per adeguarmi a un modello, ma per trovare il mio modo, il mio tono, la mia misura. Succede alle volte di riuscire a entrare in relazione profonda, piacevole, con chi mi ascolta. Riesco a raccontare cosa c'è nei piccoli segni, nelle incisioni, nei dettagli. Parlo con persone che di questi dettagli si accorgono e che sono realmente interessate.

Quando accade, quando sento che chi ho davanti coglie il senso ed è interessato, diventa un momento prezioso anche per me. Non è più solo necessario, è diventato bello. E anche se potessi oggi, non vorrei più chiudermi in uno stanzino a lavorare da sola, senza mai incontrare nessuno. Mi accorgo che il mio lavoro è cambiato insieme a me. Le mie ceramiche non sono solo oggetti, sono anche altro, sono una forma di linguaggio, una presenza che chiede ascolto, un ponte fra esistenze. Sono oggetti che vogliono appartenere alla relazione, che nascono dal desiderio di abitare l'anima delle case. L’incontro è diventato parte dell’ispirazione.

Con le mani e col cuore

LOU ArteCeramica

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